Il 1° novembre 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituisce la Giornata della Memoria delle vittime della Shoah, che da allora si celebra il 27 gennaio. Questa data, commemorativa, mi permette di fare una piccola riflessione sull’importanza della memoria e del ricordo nel passaggio tra generazioni. Che traccia lasciamo nelle generazioni che vengono dopo la nostra? Quale impronta sui nostri figli? Quanto contano le radici nella costruzione identitaria? Quanto peso hanno, sulla nostra vita, le vicende personali e familiari di chi ci precede? Vivere è un po’ come correre una staffetta: siamo qui per passare a chi viene dopo di noi il testimone che ci ha consegnato chi ci precedeva (e questo anche se non abbiamo figli nostri: siamo comunque parte di una storia che non ha avuto inizio e non si conclude con la nostra vita), e in questa corsa – in questo percorso – le chiavi sono ancora una volta la conoscenza, la consapevolezza e, quando necessario, la commemorazione. Là dove queste manchino, le esistenze possono essere frammentate, sospese, sofferenti. Chiediamo ai nostri Vecchi, se ancora abbiamo la fortuna di averli nelle nostre vite, raccontiamo ai più piccoli e ai più giovani, adoperiamoci per dare senso ad ogni vicenda familiare importante, anche se magari dolorosa, affinché anche questa possa trasformarsi da cicatrice, in radice.